CAPITOLO 1
Nato in aprile
L’ultimo giorno di vita di Zeffirino fu un giorno di sole. C’era una ragione precisa per cui non avrebbe potuto essere un giorno diverso. Egli era consapevole di quello che lo attendeva, eppure era sereno. Anzi, un grande entusiasmo si era impadronito di lui, tanto che non riusciva a stare fermo. Si alzò presto, quel mattino, e uscì fuori all’alba.
“E’ ancora troppo presto – disse a se stesso – non è ancora l’ora giusta.” Allora, per ingannare l’attesa, si decise a fare un lungo giro, prima di arrivare alla meta cui tanto teneva. Passò a rivedere tutti i posti che era solito frequentare, da solo o in compagnia del suo Maestro. Quanti ricordi, quante emozioni gli risvegliavano quei luoghi… Tuttavia, nessuno di questi sentimenti riusciva a superare d’intensità il suo turbamento di adesso. Lasciava volentieri quei territori e quei ricordi, senza rimpianti. Era sicuro di aver finalmente trovato quello che cercava.
“Finalmente ho trovato la mia strada. Me lo aveva predetto, il Maestro, che prima o poi l’avrei trovata: ma avrei capito che era quella giusta solo dopo averla trovata…o dopo averla perduta… Adesso, io sono certo di averla trovata.”.
Guardò in alto. Nel cielo il sole aveva raggiunto l’altezza prevista per l’incontro. “E’ venuto il momento. Devo andare… devo andare… non voglio arrivare troppo tardi “. Si avviò verso il luogo previsto.
Durante il percorso, mentre procedeva spedito, con sorpresa fecero irruzione nella sua mente tutti gli episodi della sua breve vita, nitidi e vivaci. Erano come gli episodi di un bel film, che si rivede dopo molto tempo, e che si riscoprono come se fossero nuovi e inattesi. “A ripensarla così – si disse – la vita sembra quella di un altro, e, a riviverla, non si farebbero più gli errori di allora. Ma no! Penso che io rifarei tutto quello che ho fatto, errori compresi. Fatto come sono, non potrei che compiere le stesse scelte. E poi, forse, tutti gli errori fatti, tutte le emozioni provate, erano passi necessari per portarmi a questo momento decisivo.”
E fu così che Zeffirino, che era un piccolo granulo di polline di Cipresso, nato tardivamente in un mese d’aprile inoltrato, in un giorno di luna crescente, iniziò il suo ultimo volo verso la sua misteriosa destinazione finale (continua…).
cosi’ fragile e cosi’ potente…
Non esiste nulla, in natura, di più piccolo e di più fragile di un granulo di polline ma, al tempo stesso, non esiste nient’altro che lo superi in potenza e resistenza.
E’ vero, le sue dimensioni sono microscopiche e una volta che è liberato dalla pianta madre è in balia dei vari elementi naturali (vento, acque, insetti) che lo possono trasportare ovunque a loro piacimento. Se poi finisce per cadere in una pozzanghera o in ambienti umidi è la fine. Nel giro di pochi secondi viene svuotato del proprio patrimonio interiore e di lui resta solo un piccolo guscio vuoto. Tuttavia, niente è più potente di un granulo pollinico. Dentro di sé egli reca quella scintilla di vita che gli permette di fecondare altre piante. Le sostanze chimiche (proteine, carboidrati, enzimi) racchiuse nelle sue viscere sono vigorosissime. Ben lo sanno le mucose dei pazienti allergici, che reagiscono al loro contatto con vistose infiammazioni, ben lo sanno gli erboristi, che li vendono come utili integratori alimentari, ben lo sanno i laboratori farmaceutici che li utilizzano per allestire efficaci vaccini desensibilizzanti.
Proprio in questo paradosso si può forse intravedere una verità più nascosta. Metafora della vita il polline ci insegna che sono proprio le cose più preziose ad essere più delicate e vulnerabili ma, a volte, le apparenze più fragili e più umili nascondono dentro di sé ricchezze invisibili ed inestimabili. Questa energia nascosta e formidabile porta talvolta il polline a compiere viaggi smisurati, al di là dell’immaginabile e lo spinge ad esplorare realtà diverse e a superare i propri limiti fisici. Non è la stessa situazione che si verifica anche per noi umani, quando, messi di fronte ad ostacoli inaspettati scopriamo di possedere dentro di noi forze immense ed impreviste?
A questo punto la sorte del piccolo polline può assumere un maggiore interesse anche per noi e, forse, dalle sue disavventure potremmo decifrare qualche informazione utile a meglio comprendere la nostra storia personale (continua…)
CAPITOLO 2
Esordio di un polline ribelle.
A pensarci bene, questa storia avrebbe dovuto cominciare in un modo più semplice e comprensibile, un po’ come una favola. Per questo, dopo il primo esordio, un poco enigmatico, riprenderemo il racconto della storia di Zeffirino in maniera più familiare e tranquilla, ossia con un inizio tradizionale.
C’era una volta… un piccolo polline[1] di Cipresso. Il suo nome era Zeffirino. Non chiedetemi chi gli avesse assegnato quel nome. I nomi spesso nascono assieme a noi (o prima di noi?) e un poco ci assomigliano e ci definiscono, facendo capire agli altri, che ancora non ci conoscono, che tipi siamo. Lui stesso sapeva che quello era il suo nome, e basta. Ognuno di voi potrà capire che tipo era uno che portava per nome il diminutivo di un vento di primavera, vivace e leggero.
Come tutti i pollini della sua specie era nato in un fiore, dentro l’antera[2] (che è come una culla incubatrice per pollini) e, dopo un lungo periodo di sviluppo embrionale, era stato immesso all’aperto, nel mondo. Ma non era un polline come tutti gli altri…
Per quanto poteva risalire con la memoria, Zeffirino si era sempre sentito diverso dai suoi fratelli. I suoi primi ricordi lo riportavano all’ovattato e avvolgente tepore della sua antera-culla, che gli forniva il nutrimento, caldo e gustoso, e lo faceva crescere. Eppure ricordava anche un certo fastidio, procuratogli dall’eco delle voci delle cellule matrici[3], turgide e saccenti, che gli recitavano di continuo le loro litanie: “…il dovere di un polline è di impollinare… il volo migliore è quello più breve… un bravo polline trova sempre il suo bersaglio… chi lascia la via maestra dell’impollinazione[4] fa una brutta fine…” In quel periodo Zeffirino era ancora un’esserino indistinto, immerso dentro la pancia della cellula madre, assieme a migliaia di suoi fratelli pollini. Tuttavia, già allora, al contrario di tutti i suoi fratellini, docili e incantati dal canto ritmato e ipnotico delle cellule madri, sentiva nascere in sé un moto di ribellione. E diceva, tra sé e sé: “Com’è possibile che il mio destino sia solo quello, una volta maturo, di precipitarmi immediatamente nell’abbraccio finale della impollinazione ?” A cosa doveva servire tutto questo tempo trascorso ad assorbire nutrimento, questa crescita progressiva del suo piccolo organismo, che gli faceva presagire un’individualità non ancora precisata ma che si andava, giorno per giorno, sempre più definendo, a che cosa doveva servire…se non, poi, a produrre un brevissimo folle volo verso la fine? Già, perché quello che le cellule madri non dicevano, nelle loro ritmate giaculatorie (ma restava comunque sottinteso, nel loro canto), era che, dopo il fatale e gradevolissimo incontro con il pistillo (la parte femminile delle piante) la sua vita sarebbe bruscamente terminata per permettere la nascita di un altro fiore, poi di un altro piccolo polline che poi, come lui, avrebbe dovuto ripercorrere da capo lo stesso percorso obbligato: crescita embrionale, fuoriuscita dall’antera, volo all’aperto, impollinazione, fine del ciclo. E questo sarebbe continuato all’infinito, polline dopo polline, stagione dopo stagione. Tutto ciò il polline Zeffirino, in quella sua già precoce ed acerba consapevolezza, non lo poteva accettare…
[1] Polline: o granulo pollinico è una struttura microscopica prodotta dalle piante a seme, allo scopo di trasportare i gameti maschili delle piante e fecondare le parti femminili delle piante.
[2]Antera: è la parte superiore dello stame che contiene il polline, è l’organo maschile della pianta E’ formata da due teche, unite da tessuto connettivo. Ciascuna teca dà origine ad una o più sacche polliniche entro i quali si formano i granuli pollinici.
[3] Cellule matrici o cellule madri: gruppo di cellule che generano i granuli di polline. Ogni cellula madre, dividendosi per meiosi, originerà quattro microspore.
[4] Impollinazione: è il trasporto del polline dall’organo maschile (antera) a quello femminile (pistillo) o ovulo nudo. Si distinguono una impollinazione anemogama (prodotta dal vento) ed una entomofila (operata da parte di insetti).
(continua…)